Prima di partire per
l'Africa ho incontrato Serena che mi parlava del suo gatto. Mi raccontava del
suo nuovo amico (del gatto non suo). Ché poi io non li capisco i gatti.
Stanno lì per ore e si guardano. Non fanno niente. Così mi ha detto.
Beh, in Africa in qualche
modo la situazione a volte è la stessa. Siamo stati tutto il mattino come i
gatti all'atellier. Ovviamente abbiamo parlato, e di cose interessanti, ma per noi europei questa lentezza all inizio e strana:
L'atellier è il posto dove Bela costruisce
assieme ad altri ragazzi degli djembe artigianali stupendi, tanto che alcuni
vengono dall'Europa per comprarli.
Quando si parla di
atellier si pensa ad un luogo fighetto con luci fighette etc etc. L'atellier di
Bela non è propriamente così. Immaginate di essere lungo una strada piena di
case messe a caso intervallate da capre e capanne. Tra queste cose trovate uno
spiazzo sabbioso con al fondo una costruzione pericolante di mattoni. Questo è
l'atellier: uno spiazzo sabbioso.
In questo spiazzo come
i gatti si sta rilassati. Tutto il giorno. Ogni tot passa qualcuno, ci si
saluta, si sta seduti, si parla di un po' di cose e magari si prende una tazza
di Lipton che la sigora del gazebo di fianco prepara per 100F CFA.
Così scorre una mattina.
All'inizio la cosa ti può
dare un po' di fastidio: ti pare di sprecare tempo (e se lo dico io). In
seguito entri in questi ritmi e non te ne accorgi più. E' come respirare
lentamente ed abbassare il battito cardiaco.
Osservavo Bela mentre
prendeva la corda per tirare la pelle di capra. Per farne 5 pezzi ci ha messo
almeno 10 minuti.
Il pomeriggio lo passiamo
al mare. Con un'improbabile pirogue spinta a motore arriviamo dall'altra
parte della costa. Che bello. Acqua che sembra vasca da bagno.
Stiamo lì, intervistiamo
Amandine, una ragazza che ha fatto uno studio sui primati (non nel senso di mio
cugino, i primati veri) ed al ritorno mi faccio fregare due telefoni in un
colpo solo. E vabbé...
A domani!
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