Un altro viaggio un'altra
storia.
I viaggi nella brousse
son come il mare, sono onde che paiono tutte uguali con la stessa forma gli
stessi profumi e gli stessi suoni, ma in realtà tutto cambia un po'.
Man mano che si passa da
un posto ad un altro l'ambiente cambia.
Verso il Burkina la flora
si tinge lentamente di verde e la terra diventa sempre più rossa.
I viaggi inoltre son come
un film difficile: si possono analizzare a più livelli.
Un viaggio può essere una
testa che sbatte contro un vetro, può essere caldo e cipria naturale sul viso,
può essere dialogo...
Questa volta il viaggio
per me è stato un videoclip.
Come sempre la durata non
ha avuto nulla a che vedere con quella dichiarata.
Dovevamo partire alle 4,
invece siam partiti alle 6 - anche perché alle 5 bisognava pregare... - e siamo
arrivati alle 19, anziché a mezzogiorno.
Dopo tutto bastava usare
il cervello: 600 Km in una strada in mezzo alla brousse, non son propriamente
come l'A1. Parti di asfalto precario si alternano a parti di terra battuta. Poi
se ci aggiungi la frontiera i tempi sono questi: non c'è nulla da fare.
La pausa alla frontiera
questa volta è stata molto più breve e di dogane ce ne son state solamente due
più uno o due controlli al bus, ma nulla di particolare.
Devo odire che alla
frontiera del Mali mi son pure divertito.
In quanto bianchi io e
Rachel abbiamo ricevuto un trattamento speciale, e questo mi fa molto ridere.
La polizia di frontiera
ci ha portati sotto un albero e io pensavo ci facessero sganciare un botto di
soldi, invece uno di loro, penso il capo, ci ha raccontato tutta la sua storia:
è stato in Darfour, a Roma per uno stage di peacekeeping ed in molte altre
parti.
Così mentre i negri erano
in coda sotto il sole tipo schiavi, noi eravam sotto gli alberi tranquilli a
parlare piacevolmente. Questa cosa fa molto ridere: ex colonialisti trattati
meglio dei connazionali. Fa parte dei controsensi africani.
Dopotutto ora gli ebrei
son culo e camicia coi tedeschi. Money power.
frontiera... |
Ripartiti inizia il
videoclip.
Dagli altoparlanti più o
meno funzionanti del bus parte la musica e tutto acquista di colpo coerenza. La
musica africana è lo specchio della brousse.
Il concetto della
ripetitività degli alberi con l'alternanza di laghetti asini, capre e mucche è
esattamente trasposto in questa musica fatta di riff ripetuti e vocalizzi
cangianti sovrapposti.
Questo è il motivo per
cui una musica tradizionale africana non potrebbe mai funzionare da noi. In
tutto quello che noi viviamo c'è un inizio ed una fine. Noi non abbiamo spazi
infiniti come la brousse. Abbiamo piuttosto soazi che cambiano che
differiscono.
E' il motivo per cui
siamo così affascinati da questi grandi spazi, ma ad un certo punto è anche il
motivo per cui da questi spazi siam anche oppressi.
Io per esempio ho bisogno
di un inizio ed una fine, sia nello spazio che nella musica.
Alle 19 in mezzo al nulla
leggo un cartello verde con scritto Bienvenue a Bobo Dioulasso.
Finalmente.
Ad accoglierci un amico
di Philippe anche lui rasta.
Alla stazione Total - gli indirizzi son spesso dati dai
distributori di benzina - ci incontriamo con Tierry che ci porta
all'auberge. Un sogno.
Una casa ad un piano solo
dove lui vive con la moglie e la figlia che funziona come un ostello.
Una casa con le volte,
costruita con mattoni e non con cemento, attorniata da alberi di frutta.
L'Africa che immagino.
L'Africa.
Per cena una buona insalata e al termine dopo aver
giocato con Ilda la bambina dormo.
Bellissimo anche questo. Sembra di star lì (non fosse per i 30 gradi di differenza, presumo).
RispondiEliminaRossella